Cesare Pozzi
Cesare Pozzi "Fusco" (Vicobarone, 14 giugno 1914 – Pavia, 2 luglio 2007) è stato un partigiano italiano.
Durante la Guerra di Liberazione fu a capo della Brigata Matteotti e successivamente della Divisione Valle Versa Dario Barni[1], operanti nell'Oltrepò Pavese. Prese il nome di battaglia "Fusco" in ricordo di un suo commilitone, conosciuto a Torino, che fu deportato e non fece più ritorno. Fu protagonista della "Battaglia delle Ceneri[2]" del 14 febbraio 1945 per cui fu decorato con la Medaglia d'argento al valor militare e, per come condusse la battaglia, fu insignito anche della Croce al Merito di prima classe dalla Repubblica Federale di Germania. Dal 1960 al 1964 è stato Sindaco di Santa Maria della Versa.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Cesare Pozzi nasce a Vicobarone il 14 giugno 1914 da Filippo (1884-1957) e da Vittoria Riccardi (1882-1939). Nel 1916 la famiglia si trasferisce a Montù Beccaria dagli zii Giuseppina Pozzi (1877-1934) ed Ernesto Bellarosa (1872-1945).
Chiamato alle armi nell'aprile 1935, viene destinato al 3º Reggimento Genio di Pavia come marconista. All'inizio della seconda guerra mondiale, nel giugno 1940, viene mandato sul Fronte-Francese a Lanslevillard dove rimane fino al 22 settembre 1940.
Dal 1º gennaio 1941 al 23 ottobre 1942 è impegnato sul Fronte Libico-Egiziano (Tripoli, Agedabia, Bengasi e nel Golfo di Bomba).
Dopo il rientro in Italia, nel marzo del 1943, viene destinato a Favria, distaccamento del 1º Reggimento Genio di Torino.
Torna quindi a Torino l'8 agosto 1943 nella Caserma del 1º Reggimento Genio[3] di Corso Stupinigi 100 (oggi Corso Unione Sovietica). È sergente capo e insegna comunicazioni in una caserma dei pompieri di Porta Palazzo fino all'8 settembre 1943.
«[...] Il 9 settembre al mattino, verso le otto, esco dalla caserma in bicicletta. Appena fuori incrocio un carrozzone con a bordo una decina di tedeschi, mi puntano i fucili intimandomi l’ALT. Rallento e arrivo all’altezza dell’autista quando, all’improvviso, la loro attenzione e i fucili si rivolgono da un'altra parte, così io proseguo pigiando sui pedali. Era successo che dietro di me era uscito dalla caserma un altro sergente con una voluminosa busta gialla sotto il braccio. Bloccarono lui e la sua busta.
In caserma, dove tornai per la mensa, c’erano agitazione e disorientamento. Avevano rafforzato le sentinelle ed era assolutamente proibito uscire. Con uno stratagemma riuscii ad aprire la porta carraia e a scappare, mi seguirono in una cinquantina. La sera mi feci aprire dalla sentinella e rientrai. Arringai i rimanenti, oltre un centinaio e, facendo una scala con alcuni sacchetti di sabbia, scavalcammo il muro posteriore. Saltando in Corso Galileo Ferraris provai una strana sensazione, ero libero?
Mi sentii sì padrone di ogni mia azione, ma avevo sempre una divisa addosso che nessuno mi aveva autorizzato a togliere.
Tenni la divisa anche il giorno dopo per Torino, la svestii la sera da Ernesto, un montuese e caro amico presso il quale mi ero rifugiato. Presi il treno delle 18 per Stradella e, dopo varie peripezie, arrivai a Montù.
Quando, a casa, andai a letto, albeggiava…[4]»
Il 1º gennaio 1944 fonda "La Banda di Montù".
«[...] Ci trovammo in una decina, una sera prima di Natale, a casa mia. Presa in esame la situazione, decidemmo di stare uniti, di tenerci informati, di consultarci regolarmente. Venni designato come comandante, come punto di riferimento.
Si convenne di trovarci la sera dell’ultimo dell’anno nella cantina di Pietro Crescimbini, soprannominato “Sangue di gatto”[5], a Casa Bernardini[6].
Ci trovammo, mangiammo, bevemmo e, poiché vi era anche un grammofono, si ballò.
Ma soprattutto si discusse e si costituì la “Banda di Montù”, quella che doveva essere l’embrione delle future formazioni Matteotti nell'Oltrepò Pavese.[4]»
Il 18 aprile 1944 si fa fotografare mentre ride leggendo il bando di richiamo alle armi della classe 1914. La sera dello stesso giorno entra nella clandestinità.
«[...] Il 18 aprile del ‘44 la Repubblica Sociale Italiana espose, sotto l’Albo pretorio di Montù, chiamato comunemente dai montuesi “il Portichetto”, il bando di chiamata alle armi della classe 1914. A rispondere alla chiamata non ci pensavo neanche e volli dare al mio rifiuto un senso di netta ribellione e di spregiudicata propaganda.
Pregai Paolo Montemartini, nipote del Senatore[7], di fare una fotografia con me sotto al Portichetto, dove, additando il manifesto della mia chiamata alle armi, lo avrei irriso con una sghignazzata. E così fu, il mio rifiuto fu immortalato.
Però, poiché il giorno dopo sarei diventato un renitente alla leva, la sera del 18 col mio zaino in spalla, coperte e qualcosa di indispensabile, lasciai qualche amico che mi aveva accompagnato sino al Cantinone[8] e, salita la rupe fino a Casa Bernardini[6] dove mi attendevano mio fratello Mario[9], Albino e “Sangue di gatto”[5] insieme andammo al Novello, un casino di campagna nella valle che guarda Casa Barbieri[6].
Eravamo entrati in clandestinità. Gli altri sapevano dove eravamo e a turno ci venivano a trovare tenendo i collegamenti tra noi e i nostri familiari.[4]»
Il 19 giugno 1944 assalta la caserma dei Carabinieri di Montù procurandosi 12 fucili, una pistola e una sciabola.
«[...] Fu abbastanza facile oppure fummo fortunati perché i militi erano tutti al piano superiore, al piano terra vi era solo il piantone con il Maresciallo Comandante nel suo ufficio. Ho avuto poi l’impressione che a qualche milite la nostra irruzione non dispiacesse.[4]»
La sera del 25 luglio 1944, in località Loglio di Sotto[10], dall'unione di varie bande, nasce la Prima Brigata Matteotti nell'Oltrepò Pavese.
«[...] ne fui contento perché il Socialismo era il Partito di mio zio Ernesto al quale i fascisti nel 1922 avevano dato l’olio di ricino. Stette molto male ed era un galantuomo.
A Loglio eravamo oltre una cinquantina, ma non tutti ci seguirono quella notte. Quando arrivammo alla Cascina Tavernette nel Comune di Rocca de' Giorgi eravamo poco meno di una quarantina. Erano in maggioranza ex militari e tutti appartenenti a famiglie di modeste condizioni economiche che avevano trovato, con l’orgoglio, il coraggio di ribellarsi alla feroce prepotenza dei fascisti.[4]»
Il 14 febbraio 1945, primo giorno di Quaresima, ha luogo la "Battaglia delle Ceneri".
Raccontava Bernini, il tramviere, che per scendere a Stradella, usava qualche volta il tram, stava davanti, al fianco del manovratore, con la sua Machine Pistol in mano. Una volta Bernini gli chiese se non avesse paura ad andar su a "snidare i ribelli". «Sono quattro gatti con due pistole arrugginite!», rispose. I gatti, per la verità, non erano tanti di più, in quanto alle pistole non mancava certamente “il grasso” per lubrificarle.
Il 13 febbraio, Carnevale, con una quarantina di uomini punta su Golferenzo e va oltre sino alla frazione Pomorosso[11], non trova resistenza.
Il 14, giorno delle Ceneri, sono in tanti e Hofmann li porta oltre Volpara sino al bivio per Moncasacco[12], località dal nome sintomatico: “Bacà” che significa “legnata”. Si fermano per consultare la carta topografica, ed è qui che Jose, uno dei nostri, con la sua Maschinengewehr, ferisce il Capitano al polpaccio. Lui si lega la gamba con un fazzoletto, si trascina sulla neve arrossandola e, continuando a gridare ordini alla scorta che si era dispersa, raggiunge la sommità della collinetta, due metri oltre la quale si sarebbe defilato. Ma una pallottola lo colpisce al ventre. Tace per sempre. È tra i due fuochi e nessuno riesce ad avvicinarglisi.
Fiorentini[13] manda tre uomini per recuperare il cadavere e, per dirla con l’Ariosto, fu un "pensier non troppo accorto, perder tre vivi per salvar un morto[14]”.
A Moncasacco vi era un oratorio, venne pulito, lavato e attrezzato a camera ardente per Hofmann e il suo sergente. Il comando superiore tedesco chiese la restituzione delle salme. Le modalità le convenne Don Diana[15], Parroco di Volpara, con il presidio tedesco di stanza alla centrale dei telefoni di Montù Beccaria che spedì a Moncasacco due casse.
Martedì 20 febbraio alle quattro del pomeriggio, con quel tram sul quale era salito con tanta sicurezza, arrivava a Stradella.
Sul comportamento coraggioso del Cap. Hofmann il comando dei "ribelli" stese un rapporto allegandolo al feretro, ma quel rapporto non giunse mai al comando tedesco, Fiorentini l’aveva sequestrato.
Vi era la convinzione che la salma fosse stata spedita direttamente in Germania, invece il buon Modica[16], con la sua costanza, la scopriva tra le ventiduemila tombe del Cimitero tedesco di Costermano.
Luis Ferdinand Bisping (1914-1945), ora riposa in quel camposanto a fianco del suo sergente.
Tutti gli anni, nel giorno dei morti, una delegazione di quei "ribelli", che lui aveva decisamente combattuto, gli porta un mazzo di fiori.
Non gli mancò il valore, la fortuna però era dall’altra parte.[4]»
26 aprile 1945 giorno della Liberazione di Stradella e di Montù Beccaria.
«[...] c'era tanta gente quando arrivai a Montù il 26 aprile dopo la Liberazione di Stradella. Mi bloccarono la macchina in Piazza Garibaldi, piena zeppa di gente, mi tolsero di peso dal sedile, mi caricarono sulle loro spalle e mi portarono sino in Piazza Umberto sul balcone della “Gusta”, che era quello del nostro bar, per il discorso d’obbligo.[4]»
Dopo la Liberazione abita a Stradella e torna al lavoro che aveva prima della guerra: daziere all'ufficio[17] del Dazio di Santa Maria della Versa.
Abita poi a Santa Maria della Versa e a Voghera.
Il 1º maggio 2007 a Valverde tiene il suo ultimo discorso pubblico:
«Cinque o sei anni fa il nostro Meazza[18], che conoscete tutti, trovandomi a Montalto mi dice: "Ma come ti trovo bene! Resisti al tempo come hai resistito ai tedeschi!" Purtroppo, miei cari, devo smentirlo: ai tedeschi ho resistito, ma al tempo non resisto più.
In questi sessantadue anni, da quest'altezza, ne ho viste e ne ho sentite di tutti i colori sulla Resistenza: verità, bugie, critiche, elogi...
Una cosa ho capito: che la Resistenza è stata un meraviglioso momento del Popolo italiano! Siatene orgogliosi!
Si dice che la libertà l'abbiano portata gli alleati... sì, ci han dato una mano... ma non qui!
Nell'Italia del Nord gli alleati sono arrivati "invadendo" le città con quelle... Jeep... e i fucili nei bagagliai... l'Italia era libera!
Poi c'è un dato di fatto: nell'Italia del Nord, durante la Resistenza, ci siamo scontrati varie volte con i tedeschi.
A guerra finita i tedeschi hanno rastrellato tutti i loro morti dell'Italia del Nord facendo un funerale a Costermano, sul lago di Garda.
Là c'è un cimitero militare tedesco che ha ventiduemila morti! ...che non sono morti di polmonite!
E ora, miei cari, un saluto... un saluto affettuoso, cordiale... ricordatevi: io sarò sempre il vostro Fusco.[19]»
Muore il 2 luglio 2007 alla Clinica Maugeri[20] di Pavia.
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]Onorificenze italiane
[modifica | modifica wikitesto]— 30 maggio 1967
Onorificenze straniere
[modifica | modifica wikitesto]Tributi
[modifica | modifica wikitesto]Il 19 febbraio 2019 il Comune di Santa Maria della Versa gli ha dedicato una piazza: "Piazza Fusco".
Il 10 giugno 2023 il Comune Ziano Piacentino gli ha dedicato una lapide sul Monumento ai Caduti a Vicobarone, il paese dove è nato.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Le formazioni Partigiane, su lombardia.anpi.it, ANPI Voghera. URL consultato il 3 luglio 2023.
- ^ La battaglia delle Ceneri, su lombardia.anpi.it, ANPI Voghera. URL consultato il 3 luglio 2023.
- ^ Caserma Vittorio Dabormida, su museotorino.it, Museo Torino. URL consultato il 3 luglio 2023.
- ^ a b c d e f g Cesare Pozzi, "La mia Resistenza", Scritti privati, Proprietà degli eredi, 2005.
- ^ a b Pietro Crescimbini detto "Barba Pinu" (1917-2003).
- ^ a b c Frazione di Montù Beccaria.
- ^ Gabriele Luigi Montemartini (Montù Beccaria 1869 - Pavia 1952).
- ^ La Cantina Sociale di Montù Beccaria.
- ^ Mario Pozzi (Montù Beccaria 1923 - Vigevano 2001).
- ^ La frazione di Loglio di Sotto, su italia.indettaglio.it. URL consultato il 3 luglio 2023.
- ^ Comune di Golferenzo, su comune.golferenzo.pv.it, Comune di Golferenzo. URL consultato il 3 luglio 2023.
- ^ La frazione di Moncasacco, su italia.indettaglio.it. URL consultato il 3 luglio 2023.
- ^ Voghera: la presenza nazifascista, su lombardia.anpi.it, ANPI Voghera. URL consultato il 3 luglio 2023.
- ^ Ludovico Ariosto, "Orlando furioso", (XLVIII, 189).
- ^ Don Bartolomeo Diana, Parroco di Volpara.
- ^ Giuseppe Modica, Giornalista de "La Provincia Pavese".
- ^ Istituto Nazionale Gestione Imposte di Consumo.
- ^ Francesco Meazza (1928-2014), Presidente ANPI Provinciale di Pavia. È stato Sindaco di Montalto Pavese.
- ^ Discorso tenuto il 1° maggio 2007 al Ristorante Croce Bianca di Valverde.
- ^ Istituto Scientifico di Pavia, su fsm.it, Fondazione Salvatore Maugeri. URL consultato il 3 luglio 2023.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Giulio Guderzo (a cura di), CVL Comando Divisione Valle Versa Dario Barni, Diario Storico, INSMLI Deputazione Pavese, Milano, SAFGRA, 1960.
- Clemente Ferrario e Fulco Lanchester (a cura di), Amministrazione Provinciale di Pavia, Oltrepò Partigiano, Pavia, Tipografia Cilavegna, 1973.
- Ugoberto Alfassio Grimaldi, Il Coraggio del No, Pavia, Amministrazione Provinciale di Pavia, 1976.
- Bruno Meriggi, La banda "Fusco" o Banda di Montù : atti e testimonianze, Stampato a cura di Associazione Partigiani Matteotti Oltrepò Pavese, Voghera, TIPOLITO MCM, 1987.
- Bruno Meriggi, I caduti della divisione Matteotti Valle Versa "Dario Barni", Stampato a cura di Associazione Partigiani Matteotti Oltrepò Pavese, Broni, Litografia Pironi & C, 1993.
- Bruno Meriggi, La Prima Brigata Matteotti in Oltrepò Pavese 2 luglio - 23 novembre 1944, Associazione Partigiani Matteotti Oltrepò Pavese, Realizzato dalla Federazione Italiana Volontari della Libertà, Varzi, Corrado e Luigi Guardamagna, 1996.
- Bruno Meriggi, La Matteotti, dalla Brigata alla Divisione, Stampato a cura di Associazione Partigiani Matteotti Oltrepò Pavese, Stradella, Grafica Belgioioso, 2000.
- Giulio Guderzo, L'altra guerra Neofascisti, tedeschi, partigiani, popolo in una provincia padana, Pavia, 1943 - 1945, Bologna, Società editrice Il Mulino, 2002.
- Helga Heyn, Per la Resistenza sempre! La storia del Comandante Fusco, Ziano Piacentino, Voci & Storia - Collana di Audiolibri, 2005.
- Anna Balzarro, Io ero il daziere e lui un mediatore. Partigiani e fascisti nei paesi dell'Oltrepò pavese, Milano, Franco Angeli, 2007, ISBN 978-88-464-8219-8.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Cesare Pozzi
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Cesare Pozzi, in Donne e Uomini della Resistenza, Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.
- ANPI Voghera - La Battaglia delle Ceneri, su lombardia.anpi.it.